Sommario di Storia della Psichiatria- 3. I pensatori psichiatrici dell’800 e del primo ‘900

Sommario di Storia della Psichiatria- 3. I pensatori psichiatrici dell’800 e del primo ‘900

I grandi pensatori psichiatrici dell’800

Verso la fine del XVIII secolo, sulla scia della filosofia della natura di Schelling, si ha un notevole progresso della psichiatria, che prelude a quello del XIX secolo, sostenuto dal positivismo. Nasce la scuola psichiatrica francese con la cosiddetta “psichiatria delle passioni” sostenuta da Pinel ed Esquirol. Si sviluppa contemporaneamente la psichiatria dell’inconscio e del sogno chiamata “romantica” con Heinroth, Ideler, Schubert. Le emozioni, gli eventi stressanti, l’azione di uno “psicoide” che si situa fra corpo e intelletto giocano un forte ruolo psicopatogeno.

Con Spencer e Comte dopo il 1850 prevarrà l’indirizzo scientifico, “neurologico”: le malattie della mente riflettono disturbi sia strutturali sia metabolici del sistema nervoso centrale. Sulla scia del pensiero volontaristico di Maine de Biran e Schopenhauer nascono anche le teorie psicodinamiche; Janet apre la strada preceduto dalla teoria neurofisiologica di Jackson: il cervello è strutturato secondo centri gerarchicamente ordinati: primitivi, ossia automatici, e recenti, ossia plastici e volontari, ma più fragili: la psicopatologia nasce per la debolezza dei centri superiori che permette l’emergere dell’automatismo inferiore, che sostiene, ad esempio, l’isteria, la psicoastenia e le stesse psicosi.

I grandi psichiatri del XIX secolo sono Pinel, Chiarugi, Esquirol, Morel, Kraepelin, Krafft-Ebing, Bianchi e lo stesso Freud, che invero segue le teorie della psichiatria romantica, pur essendo partito dalle ipotesi di Charcot e di Janet: questo valorizza la debolezza dei centri superiori rispetto a quelli inferiori, ossia automatici, che agiscono nel sub-conscio. La teoria dell’inconscio, di natura topico-strutturale strettamente connesso con centri specifici di tipo neuro-organico, verrà poi capovolta da Freud col concetto di “inconscio dinamico”, che contiene materiale psichico rimosso. Schubert per il sogno e Hartmann per il ruolo dell’inconscio indirizzano la psichiatria dinamica e il cosiddetto organo-dinamismo che giungerà con Ey sino alla metà del XX secolo. Morel e Magnan indicano nella “degenerazione”, ossia in un’alterazione cerebrale, la causa della malattia mentale e la sua trasmissibilità in via ereditaria: dal primo ascendente con psicopatia si giunge alla quarta generazione con un ebefrenico che pone fine al ceppo morboso.

Psychopatia sexualis

Krafft-Ebing analizza tutti i disturbi sessuali in “Psychopathia sexualis”, un voluminoso volume che influenzerà decisamente Freud: la borghesia vede nella sessualità la fonte dell’irrazionale, che alimenta spesso perciò le nevrosi: giustamente verso il 1880 Dubois muterà tale termine in quello più appropriato di “psiconevrosi”, facendo così scomparire dalla nosologia il termine di “neurosi” ideato da Willis nel 1600, generico e inglobante malattie neurologiche e psichiatriche, ossia tutto quello che veniva addebitato al cervello: le psiconevrosi non hanno al contrario una specifica causa anatomopatologica, cerebrale, scrive Dubois, ma segnalano problematiche psico-emotive di natura conflittuale, che migliorano con l’educazione e la terapia morale.

La scuola tedesca

Dopo la psichiatria “romantica”, in Germania prende campo una psichiatria orientata in senso clinico e che abbandona la possibilità, dati i livelli scientifici del tempo, di orientarsi verso una nosologia sistematica su base etiologica. In questo campo emerge la figura di Kraepelin, che invero, anche sulla base di sue esperienze psichiatrico-storiche, elabora una tassonomica che poco si distanzia da quella classica greco-romana. Egli puntualizza soprattutto la psicopatologia della demenza precoce, della catatonia e delle psicosi paranoidi e parafreniche, seguendo le orme della psichiatria classica. Per quanto si riferisce all’etiologia, tale tema verrà ripreso da Bleuler, prospettandolo nella “debolezza dei nessi associativi”.

La psichiatria romantica

La psichiatria romantica nasce dalla psicologia di Novalis, di Schelling, di Mesmer, di Carus e Schopenhauer: il corpo vivente è suddiviso in soma, anima e spirito; esiste una bipolarità corpo-spirito, come fra conscio e inconscio, che diventerà, qualche decennio dopo, conflitto fra conscio e inconscio. Feuchterleben sostiene che nell’organismo si ha una lotta fra bene e male, fra conscio e inconscio: bisogna domare le emozioni, come scrive in “Dietetica dell’anima”, di modo che si possa giungere al controllo delle passioni, origine della stessa malattia mentale. L’isteria per Ideler esprime la lotta dell’anima con se stessa, indice dell’incomprensione fra desideri e realtà: nasce così il rifugio nella fantasia: scrive Neumann: “la pulsione che non riesce a trovare soddisfazione diventa angoscia e malattia psichica”.

La nscita del positivismo

Dopo il 1850 la psichiatria romantica entra in crisi con la nascita del positivismo: Saint-Simon in Francia, Griesinger e Reil in Germania propongono per la psichiatria un metodo sperimentale e scientifico e l’abbandono di speculazioni metafisiche. Ottimismo quindi nella cultura scientifica: le Università tedesche in questa nuova fase diventano i centri della cultura positivistica della seconda metà del XIX secolo. Le idee derivate da magnetismo animale, da Schelling e da Hartmann sfumano così per lasciare il posto, probabilmente in relazione alla rivoluzione industriale, ad una visione sperimentale della psichiatria. La psicanalisi si svilupperà al contrario sviluppando e approfondendo i temi tipici della psichiatria romantica: l’analisi del sogno e dell’inconscio, quale sede del materiale rimosso che deve essere portato alla luce in via terapeutica.

La psichiatria positivista dall’altro lato valorizza il ruolo decisivo del lobo frontale sia nelle operazioni cognitive sia, se alterato, nell’insorgenza di quadri psicopatologici, come operano in tal senso Fritsh e Hitzig; per tutto il XIX secolo, da Gall a Broca, da Wernicke a Pick e Halzheimer, si cerca una correlazione fra cervello, mente e quadri psichiatrici. Inizia la strada della referenza della psichiatria alla struttura del sistema nervoso centrale, sia sul piano strutturale che su quello metabolico.

Charcot, Janet, Freud

Freud teoricamente nasce sulle orme di Janet; egli nega ciò e scrive che il suo maestro è stato Mesmer. Invero apprende la psicopatologia dell’isteria da Charcot, un illustre neurologo, che identifica alcune malattie degenerative del sistema nervoso centrale e prospetta l’isteria non collegata con problematiche psicosessuali ma come un fenomeno auto-suggestivo. Un individuo molto emozionato o che abbia subito un trauma, se avverte un dolore al braccio immagina di avere una paralisi che si realizza in via auto-suggestiva, ossia in via pitiatica, dalla dea Pitié, divinità della persuasione, come penserà Babinskj.

Janet, influenzato dal filosofo Maine de Biran e dal neurofisiologo inglese Jackson, ritiene che il cervello sia organizzato in via gerarchica: in centri superiori, plastici, volontari ma soggetti a disintegrazione, e centri inferiori, arcaici, stabili, automatici. Qualora esista una “miseria della tensione psicologica” dei centri superiori, hanno la prevalenza i centri inferiori, detti “sub-consci” e da ciò la sintomatologia psichiatrica. Tale concetto verrà poi ripreso da Bleuler, che parla di “debolezza dei nessi associati” come sintomo primario della schizofrenia.

I maestri di Freud, oltre a Charcot, sono Mesmer, Schubert, Berheim, Janet, Krafft-Ebing e il neurologo Benedikt. Attraverso una sintesi, Freud riprende da Mesmer la teoria del magnetismo animale, da Schubert quella del sogno, da Janet l’ipotesi del subconscio, da Krafft-Ebing la psicopatologia sessuale e da Benedikt il concetto di psicoterapia.

Novità assoluta è il fatto che l’inconscio per lui non risulta di tipo topico, bensì dinamico, in quanto contiene il materiale psichico rimosso che in via terapeutica deve essere riportato alla luce; ciò può avvenire tramite l’analisi del sogno del paziente, vera e propria strada maestra.

Il positivismo: il cervello

Il movimento positivistico segue una norma precisa iniziata con Gall: il cervello è la sede dove si localizzano tutte le funzioni dell’organismo, sia fisiche sia psichiche. Lo studio morfologico e funzionale indirizza ad una visione localizzazionistica del sistema nervoso centrale, con specifiche aree deputate a precise funzioni. Reil, Vicq d’Azyr, Burdach, Rolando, Leuret, Gratiolet, Broca, sino alla ammirabile “Anatomie des centres nerveux”, data alle stampe da Dejerine verso la fine del XIX secolo, permettono di isolare il cervello come una materia vivente, formata da tante cellule chiamate da Waldeyer “neuroni”, chiaramente isolati in via morfologica da Golgi. Soprattutto nella corteccia del cervello esistono dei campi funzionali connessi fra di loro da vie associative e con i centri sotto-corticali: talamo, sistema limbico, nuclei del tronco, ipotalamo e infine l’apparato nervoso vegetativo periferico.

La macchina del pensiero

Soprattutto Fritsch e Hitzig dimostrano come certi luoghi del cervello svolgano funzioni ben precise: la macchina del pensiero si trova nel lobo frontale, come anche Bianchi dimostrerà verso la fine del XIX secolo; questa è l’età dell’oro delle localizzazioni cerebrali. Sulla scia della lettura delle opere dei due maggiori filosofi positivisti, Comte e Spencer, si fonda la concezione citoarchitettonica e gerarchica del sistema nervoso centrale che si sarebbe evoluta ontogeneticamente e filogeneticamente proprio in relazione, secondo un darwinismo neurologico, ad uno specifico adattamento dell’organismo rispetto all’ambiente. Il cervello, secondo una visione organodinamica, viene visto come la sede della vita globale proprio perché esso, nelle sue parti anatomico-funzionale, è essenzialmente organizzato secondo una struttura gerarchicamente inter-agente, come voleva Jackson. L’ideologia dominante, che giunge sino alla fine del XX secolo, si basa sulla concezione, scientificamente dimostrata, che fondamentalmente la psichiatria origina sempre da una patologia idiopatica o simpatica a carico del cervello.

Come procede il positivismo? Cercando sperimentalmente le “cause” e abbandonando così ogni teoria deduttiva, ossia metafisica. Se il cervello è la regione somatica interessata nella psicopatologia la relazione mente-corpo appare chiara: ogni lesione del cervello alimenta una vita psichica ad essa correlata, come ciò è dimostrato dall’anatomia patologia: ogni regione cerebrale alterata sostiene anomalie tipiche psichiatriche, emozionali e comportamentali: un cervello malato, ossia “degenerato”, è alla base del comportamento deviato, sociale, comportamentale, criminale, psichiatrico.

Nell’ambito della correlazione mente-corpo-cervello si ritiene che sia soprattutto la compromissione, più o meno grave, a carico del lobo frontale che alimenta anomalie mentali. Come scrive già nel XIII secolo Ruggero Bacone, “la scienza sperimentale è la maestra di tutto… essa giunge alla verità proprio perché essa si fonda sulla connessione fra dati sperimentali e loro elaborazione da parte dell’intelletto”; questo vale soprattutto nella ricerca delle cause e della terapia delle malattie. Bacone a tal proposito così scrive: “la maggior parte degli uomini ragiona in questo modo: si è sempre fatto così, si è sempre detto così, dunque deve essere così;… ma chi vuole veramente conoscere la verità dei fenomeni naturali deve saper fare buon uso dei dati che emergono dall’esperienza”. Ruggero Bacone, precursore di Galilei e di Newton, è quindi il maestro antico del movimento positivistico del XIX secolo. La sua filosofia esprime ante litteram il pensiero storico-evolutivo tipico del positivismo: bisogna passare dall’antico mitologico a quello moderno, del tutto razionale.

Cesare Lombroso.

“Genio e Follia”, “L’uomo delinquente” e “La donna delinquente” sono le opere basilari di Lombroso, prima direttore dell’ospedale psichiatrico di Pescara e poi cattedratico di psichiatria a Torino. Fu anche uomo politico e d’azione partecipando alle guerre d’indipendenza nei garibaldini. Amico del fisiologo materialista Moleschott, è il rappresentante più tipico del positivismo italiano. Il deviante sociale per Lombroso, specie se ha un comportamento criminale, è sempre un malato mentale: demente, oligofrenico, spesso epilettico. Quindi bisogna non punire soltanto, ma valutare il contesto sociale, biologico, personale e neuropsichiatrico in riferimento all’atto delittuoso. Il giudizio circa il delitto deve nascere da un esame globale dello stato intellettivo, psicopatologico, sociale e neurologico in gioco nel soggetto: non punire quindi, ma “rieducare”. Su questa strada, invero ottimistica, nasce la perizia medico-legale e le strutture manicomiali apposite per ricoverare i pazienti psichiatrici che hanno commesso delitti.

Fonte: Giuseppe Roccatagliata in collaborazione con Francesco Bollorino e Lisa Attolini (The Italian Online Psychiatric Magazine)



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