Gli Idéologues e l’illuminismo francese
Fu Napoleone a usare il termine idéologue (“ideologo”) in senso dispregiativo contro un gruppo di intellettuali francesi per indicare l’intellettuale dottrinario, astratto, privo di senso della realtà.
Il termine fece la sua comparsa in Francia quando A.-L.-C. Destutt de Tracy se ne servì per denominare una nuova scienza, il cui scopo era quello di studiare l’origine delle idee. Intorno a questo progetto sorse una corrente di pensiero – detta Idéologie, da cui il nome di dato ai suoi seguaci – che costituì l’ultima fioritura del pensiero illuministico. Gli ideologi, che si rifacevano al sensismo di Condillac, si caratterizzarono per il tentativo di applicare i metodi della scienza moderna allo studio dell’uomo e della società: si dedicarono a ricerche specifiche sul rapporto tra corpo e mente (in particolare, con P. Cabanis), sul linguaggio (con Volney) e sull’economia (con J.B. Say).
Nella Francia tra la fine del XVIII e l’inizio del XIX secolo, gli idéologues, gli ideologi erano quei giuristi, medici, tecnici e insegnanti legati alla cultura illuminista; erano intellettuali che perseguivano ideali politici miranti a un riformismo su base laica e anti-autoritaria e contrari – pertanto – al fanatismo e al dispotismo. Particolarità delle loro ricerche era l’analisi dei fenomeni mentali e sensoriali.
Gli esponenti più importanti del gruppo degli ideologi furono il conte Antoine-Louis-Claude Destutt de Tracy, Pierre Jean Georges Cabanis, Jean-Antoine-Nicolas de Caritat, marchese di Condorcet, Pierre-Louis Roederer, Constantin François de Chassebœuf, conte de Volney, Madame de Staël, Jean-Baptiste Say, Jean-Jacques Régis de Cambacérès, Emmanuel Joseph Sieyès.
Gli ideologi, tutti politicamente partecipi delle vicende rivoluzionarie, furono successivamente considerati da Napoleone Bonaparte, nel momento della sua assunzione al potere assoluto, dottrinari sostenitori di idee astratte, dediti ad un’inutile e vuota speculazione.
L’attività di opposizione svolta dagli idéologues sulla stampa e in alcuni organi rappresentativi come il Tribunato suscitò appunto l’ostilità di Napoleone Bonaparte, che – come abbiamo detto- iniziò a usare la parola ‘ideologo’ in senso dispregiativo, intendendo con essa l’intellettuale dottrinario e astratto, privo di qualsiasi senso della realtà. Tale significato divenne prevalente e fu ripreso da K. Marx e F. Engels per definire la maggior parte degli epigoni ‘rivoluzionari’ di G.W.F. Hegel. Marx intese l’ideologia come il complesso delle rappresentazioni, delle dottrine filosofiche, etiche, politiche, religiose, espressione (e giustificazione) di un determinato modo del porsi dei rapporti di produzione e quindi imposte dalla classe che questi rapporti rendono dominante. Come tale l’ideologia diviene elemento essenziale così dello studio sociologico come della polemica politica. Da questo punto di vista è notevole la distinzione posta da V. Pareto (Sistemi socialisti, 1902; Trattato di sociologia generale, 1916) tra scienza e ideologia , l’una legata all’osservazione e al ragionamento, l’altra al sentimento e alla fede (ideologia è quindi una teoria non scientifica che si valuta per la sua forza di persuasione e per la sua utilità sociale).
Il significato originario del termine ideologia, usato per la prima volta da Antoine-Louis-Claude Destutt de Tracy come metodo del corretto ragionare, discorso razionale sulle idee, con Napoleone, che non aveva più bisogno di atteggiarsi a sostenitore delle idee illuministe di questi filosofi, progressisti atei e razionalisti, dei quali si era servito agli inizi della sua carriera politica, assunse, in un suo discorso del 1812, un significato del tutto negativo:
«È alla ideologia, a questa tenebrosa metafisica che ricercando con sottigliezza le cause originarie, vuole su tali basi fondare al legislazione dei popoli in luogo di adattare le leggi alla conoscenza del cuore dell’uomo e alle lezioni della storia, che vanno attribuiti tutti i mali che ha provato la nostra bella Francia.» (M. A. Toscano. Introduzione alla sociologia, Franco Angeli ed., 2006, pag.266).
Nel 1793, la Convenzione nazionale francese scioglie tutte le accademie e, due anni più tardi, il Direttorio istituisce un unico Istituto di Francia articolato in classi corrispondenti alle varie scienze.
Dopo il colpo di stato del ’99 di Bonaparte – che si farà incoronare imperatore cinque anni dopo, dando vita al primo impero francese – la situazione delle Accademie non muta.
Negli anni seguenti Bonaparte potenzia l’Istituto di Francia nei suoi rami tecnico-scientifici necessari allo sviluppo industriale francese, diffidando invece della filosofia, considerata fonte di divisioni e polemiche.
Nel 1801, Bonaparte proclama il cattolicesimo religione della maggioranza dei francesi, in accordo con papa Pio VII.
Nel 1802 istituisce la censura e il controllo sulla stampa.
Nel 1803 decide di chiudere la classe di scienze morali e politiche dell’Institut considerando l’inutilità delle astratte teorie degli ideologi per lo sviluppo civile ed economico della Francia.
La fisiologia della “spiritualità” dell’uomo
Questi filosofi erano soliti riunirsi nel salotto di Madame Helvetius prendendo a modello delle loro teorie il pensiero di Claude-Adrien Helvétius e di Condillac che forniva loro la base di una gnoseologia sensista applicata alla ricerca della formazione delle idee (da qui il nome che essi si danno di ideologi) e ai più diversi campi della morale e della politica.
Gli ideologi abbandonano le teorie dei philosophes, della generazione illuministica precedente la loro, giudicandole dei romans, dei romanzi, delle fantasticherie non comprovate dall’esperienza e dal buon senso.
La concretezza è il loro principio ispiratore che li porta ad identificare nella fisiologia quanto finora era stato considerato patrimonio della spiritualità.
Essi pensano che la stessa struttura fisica dell’uomo e le alterazioni che può avere, patologiche o meno, possano modificare il “morale”, com’essi dicono, cioè le passioni, l’intelligenza, ilcarattere ecc.
Queste loro teorie, originate da un materialismo di base, essi stessi non pretendono però che abbiano un carattere di validità generale ma vengono ritenute sostenibili sempre nell’ambito di particolari e specifici aspetti.
La loro non vuol essere una teoria universale dell’uomo ma l’analisi empirica di alcuni suoi aspetti particolari.
Il metodo statistico
Altro campo d’indagine degli ideologues è quello riguardante la società nei suoi aspetti relativi al suo sviluppo, alle sue modifiche, ai suoi fenomeni statisticamente osservati nelle loro ricorrenze.
Condorcet per primo analizzerà i fenomeni sociali secondo un’impostazione matematica ottenendone leggi di tendenza, aspetti di probabilità sulla importanza di certi fenomeni e sulla ripetitività di altri.
Il metodo statistico matematico viene esteso all’economia politica, con studi approfonditi sui processi di industrializzazione in Francia, alla medicina, alla morale e alla politica.
Gli ideologi rifiutano ogni considerazione metafisica e ritengono che il metodo scientifico, che ha già dimostrato la sua validità nel campo dei fenomeni naturali, sia anche il migliore per l’analisi delle scienze sociali e degli aspetti dell’uomo e per conseguire, non solo una conoscenza basata sui fatti ma anche una previsione certa e un dominio dei fenomeni umani sottraendoli definitivamente alle declamazioni e descrizioni retoriche e alla incertezza propria dei philosophes. (Cfr. Remo Bodei, La storia congetturale. Ipotesi di Condorcet su passato e futuro, Mélanges de l’Ecole française de Rome. Italie et Méditerranée, Année 1996, Volume 108, Numéro 108-2, pp. 457-468).
La morale
Nell’economia il teorico di riferimento per gli ideologi è Adam Smith le cui teorie vengono estese anche alla morale concepita utilitaristicamente in termini contrapposti di bene-male e sul conseguimento del fine materiale della massima felicità della società. La politica è la capacità di mettere in atto questo obiettivo sulla base di quei presupposti.
Gli ideologi presenti nelle istituzioni culturali quali la “Società degli osservatori dell’uomo” e l’ “Istituto di Francia” ritengono utili ai loro fini anche lo studio etnografico dei popoli o attraverso lo studio di resoconti di viaggio o tramite indagini dirette condotte sul campo.
Bibliografia
- S. Moravia, Il pensiero degli idéologues. Scienza e filosofia in Francia (1780-1815), Editore: La Nuova Italia, 1974.
- W. Busse, Les Idéologues. Sémiotique, philosophie du langage et linguistique pendant la Révolution française. Proceedings of the Conference, held at Berlin, October 1983.
- G.Santato, Letteratura italiana e cultura europea tra illuminismo e romanticismo, Librairie Droz, 2003.

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