Dal punto di vista matematico, fondamentale fu per Cartesio il lungo e freddo inverno del 1619 trascorso a seguito dell’esercito bavarese: il matematico era solito rimanere a letto fino a metà mattinata per risolvere o formulare problemi matematici. Proprio in questo lasso di tempo Cartesio scopre la formula per i poliedri (oggi detta formula di Eulero), secondo cui la somma dei vertici e delle facce di un poliedro convesso è uguale al numero degli spigoli aumentato di 2. E, in una lettera del 1628 indirizzata ad un amico, vi è la regola per la costruzione delle radici di una qualsiasi equazione di terzo o quarto grado tramite l’equazione della parabola.
Non è noto se nel 1628 Cartesio avesse già elaborato in modo completo la sua geometria analitica, ma sicuramente lo fece poco più tardi. Infatti nel trattato La géométrie (una delle tre appendici al Discorso) sono contenuti tutti i principi della geometria analitica, anche se, è da precisare, la geometria cartesiana aveva come intento una “costruzione geometrica” (le prime righe del La géométrie sono: “Tutti i problemi della geometria si possono facilmente ridurre a tali termini, che in seguito per costruirli basta conoscere la lunghezza di alcune rette”) e non il ricondurre la geometria all’algebra.
Comunque Cartesio usava sistematicamente l’algebra simbolica e sviluppava la sua interpretazione geometrica dell’algebra, cosicché possiamo dire che egli da un lato voleva “liberare” la geometria dal ricorso a figure (tramite i procedimenti dell’algebra), e dall’altro dare un significato alle operazioni algebriche mediante un’interpretazione geometrica. Allora il procedimento seguito da Cartesio lo possiamo così sintetizzare: si parte da un problema geometrico, lo si traduce in linguaggio algebrico (equazione) e, dopo avere opportunamente semplificato l’equazione ad esso associata, si risolve tale equazione geometricamente. Questo è il metodo che Cartesio seguì nello studio del problema di Pappo del luogo geometrico relativo a tre o più rette, studio da cui nacque la classificazione dei problemi geometrici determinati.
Inoltre è da sottolineare che nell’opera più volte citata non si fa uso sistematico di coordinate ortogonali, ma si usano, indifferentemente, anche coordinate oblique; non troviamo alcuna formula per la distanza o per l’angolo formato da due rette, come non troviamo il grafico di alcuna curva “nuova” tracciato a partire dall’equazione. Delle coordinate negative Cartesio conosceva soltanto che erano orientate in senso inverso rispetto a quelle positive e il principio fondamentale della geometria analitica (quello secondo cui le equazioni indeterminate in due incognite corrispondono a luoghi geometrici) compare soltanto nel secondo libro.
Ciò nulla toglie all’importanza ed alla grandezza di questo meraviglioso trattato, ma serve a far comprendere la diversità “storica” dei modi di ragionare e di intendere la matematica.
Nel 1636, possiamo dire contemporaneamente alla pubblicazione del “Discorso” di Cartesio, ricostruendo i “Luoghi piani” di Apollonio alla luce di quanto contenuto nella “Collezione matematica” di Pappo, scopre il già citato principio fondamentale della geometria analitica. Anche in questo caso il principio non nasceva da considerazioni pratiche, ma dall’applicazione dell’algebra a problemi della geometria antica.
Il filosofo e matematico francese introdusse le basi della geometria analitica nel 1637 nel saggio intitolato Geometria incluso nel suo libro Discorso sul metodo per ben condurre la propria ragione e cercare la verità nelle scienze più la Diottrica, le Meteore e la Geometria che sono saggi di questo metodo (la cui prefazione è il famoso Discorso sul metodo). Questo lavoro scritto in francese e i suoi principi filosofici, fornirono le fondamenta per il calcolo differenziale, che sarà successivamente introdotto da Isaac Newton e Gottfried Wilhelm Leibniz, in maniera autonoma fra loro.
Un predecessore medievale: Nicola d’Oresme
La geometria analitica, chiamata anche geometria cartesiana, è lo studio delle figure geometriche attraverso il sistema di coordinate oggi dette cartesiane, ma già studiate nel Medioevo da Nicola d’Oresme (1323 – 1382).
Il suo contributo più importante alla matematica è contenuto nel Tractatus de configuratione qualitatum et motuum, ancora in forma di manoscritto. Nella “qualità” o nella forma casuale, come il calore, gli Scolastici distinguevano l’intensio (il grado di calore in ogni punto) e l’extensio (come la lunghezza della barra riscaldata). Questi due termini furono spesso sostituiti da latitudo e longitudo e, dai tempi di Tommaso d’Aquino fino al XIV secolo, ci fu un vivace dibattito sulla latitudo formae. Per amore di chiarezza, Oresme ebbe l’idea di utilizzare ciò che dovremmo chiamare coordinate rettangolari nella terminologia moderna, una lunghezza proporzionale alla longitudo, l’ascissa di un dato punto e una perpendicolare a quel punto, proporzionale alla latitudo, l’ordinata. Oresme mostra che la proprietà geometrica di una tale figura potrebbe essere considerata come corrispondente ad una proprietà della forma stessa. I parametri longitudo e latitudo possono variare o rimanere costanti. Oresme definisce latitudo uniformis quella rappresentata da una linea parallela alla longitudo, ed ogni altra latitudo è difformis; la latitudo uniformiter difformis è rappresentata da una linea retta inclinata rispetto all’asse della longitudo.
Oresme dimostrò che questa definizione è equivalente ad una relazione algebrica in cui figurerebbero le “longitudini” e le “latitudini” di ogni terna di punti: cioè, ottiene l’equazione della linea retta, e quindi precede molto Cartesio nell’invenzione della geometria analitica.
La definizione di Piano cartesiano
Ogni punto del piano cartesiano o dello spazio è determinato dalle sue coordinate su due piani: ascisse (x) e ordinate (y), che determinano un vettore rispettivamente del tipo oppure
. Gli enti geometrici come rette, curve, poligoni sono definiti tramite equazioni, disequazioni o insiemi di queste, detti sistemi.
Le proprietà di questi oggetti, come le condizioni di incidenza, parallelismo e perpendicolarità, vengono anch’esse tradotte in equazioni e quindi studiate con gli strumenti dell’algebra e dell’analisi matematica.
I temi più importanti della geometria analitica sono:
- lo spazio vettoriale
- definizione di piano
- problemi sulla distanza
- il prodotto scalare per ottenere la proiezione fra due vettori
- il prodotto vettoriale per ricavare un vettore perpendicolare a due vettori conosciuti
- problemi di intersezione
Molti di questi problemi comprendono l’algebra lineare.
Il sistema di riferimento formato, in un numero n di dimensioni, da n rette ortogonali, intersecantesi tutte in un punto chiamato origine, su ciascuna delle quali si fissa un orientamento (rette orientate) e per le quali si fissa anche una unità di misura che consente di identificare qualsiasi punto del piano mediante numeri reali. Particolarmente importanti sono il caso in 2 dimensioni, nel qual caso il sistema di riferimento viene chiamato piano cartesiano, e quello in 3, usato solo per identificare la posizione di punti nello spazio.
Il piano cartesiano viene suddiviso in quattro regioni denominate quadranti, indicate mediante numeri romani progressivi in senso antiorario:
- I quadrante: comprende i punti aventi ascissa ed ordinata positive;
- II quadrante: comprende i punti aventi ascissa negativa ed ordinata positiva;
- III quadrante: comprende punti aventi ascissa ed ordinata negative;
- IV quadrante: comprende punti aventi ascissa positiva ed ordinata negativa.
Il piano cartesiano permette di rappresentare graficamente funzioni di due variabili del tipo in cui x è la variabile indipendente e y la variabile dipendente. Ciò permette di visualizzare la “forma” di curve e risolvere graficamente sistemi di più equazioni come intersezioni tra le curve corrispondenti.
Usando un sistema di riferimento cartesiano, è possibile descrivere tramite equazioni algebriche forme geometriche come curve o superfici: i punti dell’oggetto geometrico sono quelli che soddisfano l’equazione associata. Per esempio è possibile descrivere una circonferenza nel piano cartesiano, oppure una quadrica nello spazio tridimensionale.
La concorrenza (inedita) di Pierre de Fermat
L’idea di questo sistema di riferimento fu sviluppato nel 1637 nei due scritti citati di Cartesio e, indipendentemente, da Pierre de Fermat, anche se Fermat non pubblicò la sua scoperta
C’è da notare che per il contemporaneo matematico francese Fermat, a differenza di Cartesio, era importante abbozzare soluzioni di equazioni indeterminate invece che di equazioni determinate ed inoltre nel suo breve trattato “Ad locos planos et solidos isagoge” , invece di partire come il suo contemporaneo da tre o più rette una delle quali scelta come asse delle ascisse , Fermat parte dall’equazione lineare e sceglie un sistema di coordinate arbitrario nel quale rappresentarla.
Fermat inizia con il rappresentare graficamente l’equazione “D in A aequetur B in E” (Dx=By) che, naturalmente, rappresenta una semiretta uscente dall’origine (non si usano coordinate negative), per poi passare, successivamente, all’equazione ax+by=c2 , all’equazione xy=k2 (che mostra essere una iperbole), all’equazione a2 x2 = by (che mostra esser una parabola), all’equazione x2+y2+2ax+2by = c2 (che mostra essere una circonferenza), all’equazione a2+x2=ky2 (che mostra essere un’iperbole) e all’equazione a2-x2=ky2 (che mostra essere un’ellisse).
Notiamo che la geometria analitica di Fermat è più vicina alla nostra perché le coordinate usate erano ortogonali.

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