Il suono dell’universo
“Guarda l’immensa distesa del cielo, come scintilla di patène d’oro:
non c’è una stella, per quanto minuscola, che non canti
con voce d’angelo nel suo moto orbitale”
(William Shaekespeare)
L’esistenza di relazioni evidenti tra la matematica, la geometria, l’astronomia e la musica è un tema di studio che ha attraversato i secoli, sin dall’età antica. Già i filosofi della scuola pitagorica avevano teorizzato una relazione armonica tra il movimento delle sfere celesti e la musica. Il grande astronomo Keplero, vissuto a cavallo tra il XVI e XVII secolo, nella sua opera “L’armonia del mondo”, aveva parlato delle analogie esistenti tra l’armonia musicale e il moto dei pianeti intorno al Sole. Oggi siamo arrivati ad un livello successivo rispetto allo studio di tale rapporto basato su proporzioni puramente matematiche. Possiamo ascoltare la voce, più o meno intonata, del nostro universo! Non si tratta di una semplice speculazione poetica dal vago sapore new age. In realtà oggi è possibile non solo vedere, attraverso potenti telescopi, oggetti celesti a distanze inimmaginabili, ma percepirne la “voce” attraverso sistemi di conversione di segnali elettromagnetici in suono udibile. Gli scienziati riescono a trasformare la radiazione proveniente dal cosmo in suoni percepibili dalle nostre orecchie ed i risultati sono spesso sorprendenti.
Qualche anno fa gli astronomi che raccoglievano i dati del satellite Chandra, per l’osservazione dell’ universo ai raggi x, elaborarono un segnale proveniente da un buco nero presente al centro della galassia NGC 1275, a 235 milioni di anni luce dalla terra, ricavandone una nota musicale corrispondente ad un Si così basso da non poter essere udito da orecchio umano (57 ottave al di sotto del Do centrale di una immaginaria tastiera di pianoforte!). Il professor Mark Whittle, dell’Università della Virginia, oramai da anni capta e trasforma i segnali elettromagnetici provenienti dall’universo in impulsi sonori, plasmandoli poi in sorprendenti, e a volte alquanto sinistre, melodie cosmiche. E così ha fatto per quello che può essere definito il “vagito dell’universo”, ovvero la radiazione cosmica di fondo derivante dal Big Bang che oggi permea l’intero universo. Sul sito del professor Whittle è possibile ascoltare il suono cupo e atonale di questa radiazione, assaporando per qualche secondo il respiro ancestrale del cosmo.
http://www.astro.virginia.edu/~dmw8f/
Click on image to hear Creation’s first 400,000 years. Picture shows evolution of sound spectrum, with fundamental and harmonics dropping to lower pitch.

Categorie:J20.02- Astronomia teorica
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